Lionello
Morone e le colline del Roero
Un modo di
mettersi davanti al paesaggio con una tensione pulsante, come
mossa da venti ad alta quota; sospeso; un modo riportato sulla
tela dalla memoria con un gesto rapido.
Nelle sue
tele leggo un desiderio immediato di porre l'immagine
colore-segno sul piano della tela, lontano da ogni monumentalità.
Una materia che si fa viva, condotta sul filo di una struttura
narrativa di timbro lirico.
In questa
ariosa immediatezza visiva par di volare per le colline del
Roero, su dossi articolati, su case azzurre, gialle, bianche o
rosate, in un'estate ricca di colore e di proposte per la
pittura.
Morone usa
resine acriliche per colorare elementi tipici che si trasformano
in un ideogramma con spontaneità e con freschezza.
Dietro
questa apparente scioltezza esiste una connessione con le
culture artistiche del novecento. Egli ci parla del suo amore
per Morlotti, per l'espressionismo astratto di De Kooning con un
tocco fresco, istintivo, festoso, rapido. Un tocco di meditata
felicità, di pace e di accordo con il mondo, di amore del fare,
anche se questa scarica di emozione, portata sulla superficie
della tela, ti potrebbe indurre a pensare ad un mondo privo di
orizzonti. Per Morone l'orizzonte è un mondo naturale, come un
momento liberatorio, uno spazio caos che si auto organizza.
Diventa
difficile ricordare una sua singola opera ma è certo che si
ricorda la sua necessità poetica e la sua maniera di raccontarci
questo viaggio nei Roeri.
Giacomo
Soffiantino

|